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NONOSTANTE IL CONTESTO DIFFICILE, L’EXPORT CONTINUA A CRESCERE

La pandemia ha impresso un’ulteriore accelerazione ad alcuni trend che erano già in atto: i processi di digitalizzazione, lo spostamento della domanda mondiale verso l’Asia, salute e sostenibilità al centro dei valori di consumo delle nuove generazioni. Ma ha anche messo le imprese di fronte a nuove sfide: le strozzature di alcune supply chain, la ridotta capacità della logistica internazionale e, soprattutto, l’inflazione e la conseguente stretta avviata sui mercati monetari e, soprattutto, oggi, le difficoltà di approvvigionamento ed il prezzo del gas. A dirlo è il Rapporto sul commercio estero L’Italia nell’economia internazionale realizzato dall’ ICE – Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese Italiane e giunto quest’anno alla sua XXXVI edizione.

“In un contesto particolarmente difficile per l’economia del nostro Paese, l’export continua la sua crescita e lo dicono i dati. Questi numeri, tuttavia, vanno letti con la consapevolezza del ritorno dell’inflazione come problema strutturale dell’economia globale – ha spiegato Carlo Ferro, Presidente di ICE Agenzia -. In questo scenario, esasperato anche dal conflitto russo-ucraino che genera tensioni sulle catene globali, contribuendo a ridisegnare il concetto di globalizzazione, il Made in Italy ha recuperato e continua a crescere più velocemente rispetto alle altre economie a noi comparabili, grazie anche, e soprattutto, al significativo contributo delle imprenditrici e degli imprenditori italiani che sanno fare prodotti eccellenti. Oggi la domanda per le imprese, sia domestica sia dai mercati esteri, continua ad essere essenzialmente forte. Dobbiamo però evitare che fattori esterni di prezzo e di disponibilità di materie, in particolare quelle energetiche, condizionino la capacità di risposta a questa domanda. Offrire e promuovere prodotti di eccellenza è l’unica soluzione che funziona in tutti gli scenari, anche quelli più difficili, per questo ICE Agenzia, come attore del Sistema Paese, è ancor più a fianco delle imprese, con 20 nuove azioni, per accompagnare la transizione digitale e sostenibile e aiutarle a vincere la sfida dei mercati.”

Il conflitto seguito all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia sta esasperando le spinte inflattive e sta generando ulteriori tensioni nelle catene globali del valore, particolarmente per le produzioni energivore. Gli effetti sul commercio estero del nostro Paese riguardano prevalentemente le importazioni da Russia e Ucraina, Paesi fornitori di materie prime energetiche, materie prime e componenti specifici ad alcune filiere.

Nonostante la particolare congiuntura internazionale, le imprese esportatrici italiane hanno reagito prontamente durante e dopo la pandemia, facendo registrare per l’Italia tassi di crescita dell’export più sostenuti di quelli di altre grandi economie comparabili. Se già alla fine del 2021 l’export italiano aveva superato del 7,5% i livelli precedenti al Covid con una crescita del 18,2% sul 2020, nei primi sei mesi del 2022 si è registrata un’ulteriore crescita tendenziale del 22,4% sullo stesso periodo del 2021. Certo, occorre leggere i dati tenendo conto dell’inflazione che, dopo 36 anni, è tornata ad essere una variabile in grado di condizionare l’evoluzione dell’economia globale. Sotto questa luce, vediamo che la “componente prezzo” incide per circa 20 punti percentuali sul +22,4% delle nostre esportazioni nei primi sei mesi dell’anno. I prezzi delle materie energetiche contribuiscono al forte rialzo del valore delle importazioni e si riflettono sul deterioramento dell’avanzo commerciale. Comunque, anche in volume l’export italiano continua a crescere.

La crescita tendenziale nei primi 5 mesi di quest’anno riguarda quasi tutti i settori e, per molti, è largamente positiva anche sul 2019: i prodotti alimentari e bevande (+18,8% rispetto allo stesso periodo del 2021 e, addirittura, +31,2% sullo stesso periodo del 2019), i prodotti del settore dei metalli (+29,2% sullo stesso periodo del 2021 e +44,5% sullo stesso periodo del 2019), i prodotti chimici (+28,5% e +38,2% a pari periodo sul 2019) e degli apparecchi elettrici (+16,6% rispetto allo stesso periodo del 2021 e +24,9% sul 2019). Considerando l’andamento dell’export nel primo semestre di quest’anno, è verso la Turchia che le esportazioni italiane hanno registrato la maggior crescita (38,5% rispetto allo stesso periodo del 2021), seguita da Belgio (+32,7%), Stati Uniti (+31,3%), Spagna (29,1%), Austria (+24,8%), Romania e Paesi Bassi (+23%), Regno Unito (+20,8%) e Francia (+20%). Solo per la Russia (-17,6%), a seguito del conflitto in Ucraina, si registra una sostanziale flessione.

Il valore doganale delle esportazioni di beni e servizi dell’Italia, nel 2021, è stato di 581 miliardi di euro ed esse hanno rappresentato il 32% del Pil del Paese (nel 2020 era il 30,2%). Infine, la quota di mercato dell’Italia sulle esportazioni mondiali di beni nel 2021 (2,71%) è leggermente inferiore rispetto all’anno precedente (2,82%). La riduzione dell’avanzo commerciale (44,2 miliardi di euro) rispetto al 2020 riflette la crescita del disavanzo del comparto energia. Al netto di questa componente, infatti, il surplus sfiora i 90 miliardi, in aumento rispetto agli 86 dell’anno precedente.

Alla luce del conflitto russo-ucraino, ICE e Prometeia hanno rivisto e pubblicato a luglio il loro rapporto sull’Evoluzione del commercio con l’estero per aree e settori: ne emerge una stima di crescita del commercio mondiale di beni e servizi in volume del 4.1% nel  2022 e del 3.2% nel 2023. Anche se i tassi di incremento sono ben inferiori a quelli che erano stati ipotizzati a inizio febbraio, restano prospettive di crescita nel breve-medio periodo e le imprese italiane hanno il potenziale per poterle cogliere. Dal punto di vista geografico, gli incrementi più elevati sono attesi per l’Asia centrale (+15,5% nel 2023/2021), l’Africa settentrionale (+9,2%), l’Asia orientale (+9%), l’America centro-meridionale (+8,8%) e il Medio Oriente (+8,7%).